LA RACCOLTA
“Spazi minimi” edito da Jacopo Lupi Editore, è una raccolta di poesie che rappresenta immagini, talvolta subitanee, relative alla esperienza vissuta e al sentire dell’autrice.
Attraverso la struttura del sonetto classico rivisitato e uno schema destrutturato, attraverso figure di suono e di significato, l’autrice tenta di riprodurre un senso di malessere esistenziale e il tempo e lo spazio in cui il dolore nasce e si attenua. Uno spazio minimo, creato dall’incontro con l’Altro.

L’AUTRICE
Brenda Piselli Dottore di ricerca in Filologia classica, vincitrice di concorso a cattedre per la scuola secondaria, abilitata all’insegnamento dell’Italiano e del Latino, specializzata per le attività dedicate al Sostegno, l’autrice ha pubblicato due monografie scientifiche (Metamorfosi dell’Amphitruo attraverso i secoli, Genova 2009, edito con il contributo dell’Ateneo genovese, e Plauto rivisitato, Bologna 2012) e numerosi articoli su collane e riviste di interesse nazionale e internazionale, quali Studi Francesi, Maia, Bollettino di Studi Latini, Favolisti latini medievali e umanistici.
Ha soggiornato a lungo in Francia per la sua attività di ricerca, grazie a borse di studio dell’Università di Genova.
Tra il 2020 e il 2021 ha ottenuto segnalazioni poetiche in concorsi nazionali e internazionali.Spazi minimi è la sua prima raccolta di poesie. Vive e lavora a Genova.


L’INTERVISTA
Qual è lo stato di salute della poesia oggi?
Se la poesia è ben costruita ed è significativa dal punto di vista del contenuto, lo stato di salute della poesia, oggi, è ottimo, ma se i componimenti non corrispondono al concetto di “poesia” e si presentano mediocri nell’insieme, allora la poesia, oggi, non gode di buona salute… Parlo dal mio punto di vista, è il mio sguardo sulla poesia contemporanea.
Ma, prima di tutto, cos’è per te la poesia?
La poesia è per me un’arte magica, irrazionale, un’esperienza intima. Mi piace pensare al poeta come a un mago e alle poesie come a piccoli incantesimi, che producono un effetto sul lettore. Come altre forme di letteratura, le poesie possono infatti esercitare un influsso sulle persone: possono essere terapeutiche (non solo per chi le scrive, ma anche per chi le legge), possono commuovere, divertire, far riflettere.
Chi sono i tuoi maestri?
Se ti riferisci a poeti conosciuti nella realtà, non ho maestri, ma, più in generale, un maestro è per me Eugenio Montale, mio conterraneo, che nel mio piccolo ho voluto omaggiare in più punti della raccolta Spazi minimi (Lupi Editore 2021). Amo molto anche i “poeti maledetti” francesi.
Riguardo all’amore per la parola, vorrei ricordare Ferruccio Bertini, che ci ha lasciato nel 2012, professore di letteratura latina e medievale presso l’Università di Genova, stimato filologo classico: mi ha seguito durante il dottorato di ricerca in filologia e anche dopo. Alcuni suoi insegnamenti sono ancora oggi una guida per me, nella scelta della parola più adatta a esprimere un particolare concetto, nel rigore non disgiunto dalla creatività.
Che cosa occorre per diventare un poeta?
Non credo si possa “diventare un poeta”. Potrei forse rispondere che è utile leggere molta poesia, osservare il mondo e avere il bisogno interiore di scrivere in versi (anche versi liberi, intendo). Si può certamente imparare a costruire tecnicamente una poesia, si possono studiare le figure retoriche, ma, a mio parere, non si “diventa un poeta” a tavolino.
In ultimo, ma è un aspetto centrale, nella mia prospettiva il poeta dovrebbe opporsi al narcisismo imperante e trasformarsi in una persona che, con i suoi versi, dà voce all’esperienza di tutti.
A tuo avviso perché siamo più un paese di poeti che non di lettori?
Non so rispondere precisamente a questa domanda… La poesia non è un genere commerciale, in Italia soprattutto, ma esistono poeti contemporanei che scrivono versi di pregio: vorrei citare, fra gli altri, Zairo Ferrante, che ha fondato nel 2009 il movimento artistico-poetico chiamato “DinAnimismo”, nel quale mi ha generosamente accolto e del quale condivido i Princìpi fondamentali. Il “DinAnimismo” intende promuovere una poesia ed espressioni artistiche che si contrappongano alla superficialità del mondo di oggi.

Scuola, librai, media, editori, poeti: di chi è la responsabilità se la poesia si legge così poco?
La poesia necessita di un approccio diverso rispetto a quello del racconto o del romanzo, due generi forse più “accessibili”. In secondo luogo, non sempre le vendite corrispondono alla qualità dei libri venduti. Ci sono libri di poesie interessanti che vendono poco, ma questo non intacca la loro bellezza: avranno più fortuna in futuro, chissà…
In Italia, a mio parere, c’è una scarsa attenzione alla poesia contemporanea. A scuola, per esempio, manca il tempo materiale per soffermarsi sulla poesia del secondo ’900 e su quella di autori viventi. Inoltre, poche case editrici pubblicano a loro spese poesie di scrittori contemporanei e, in generale, si preferisce puntare sul romanzo, senza nulla togliere a questo genere letterario. Credo che la buona poesia, oggi, meriti un’attenzione maggiore da parte di chi ha il potere di diffonderla.
Cosa occorrerebbe fare per appassionare alla poesia?
Anzitutto, penso che occorra insegnare la poesia con entusiasmo, senza considerarla qualcosa di morto o di aulico, perché quello della poesia è un linguaggio di ogni tempo, che può toccare il cuore dei lettori di oggi.
Investirei poi su poeti viventi di talento e sull’organizzazione di manifestazioni e reading poetici, molto più che in passato: bisogna far conoscere la poesia…
Gli Instapoets aumentano le possibilità di avvicinare nuovi lettori agli scaffali di poesia?
Credo sia complesso rispondere a questa domanda. Io stessa ho da poco creato una pagina Instagram (brenda_piselli_poesia) e una pagina Facebook (Brenda Piselli, “Spazi minimi”), per esplorare questi nuovi strumenti di comunicazione.
Ritengo che la questione risieda nel dare il giusto nome alle cose. Attraverso i social media, soprattutto Instagram, molte persone condividono stati d’animo, emozioni e il prodotto della loro scrittura, e questo è terapeutico e utile (se c’è una reale comunicazione tra chi scrive e chi legge).
Il problema è che non tutto quello che viene pubblicato sui social media è ascrivibile al mondo dell’Arte e non è in ogni caso possibile valutare la qualità di una poesia in termini di followers o di like.
In futuro si leggerà più o meno poesia?
Non ne ho idea… Penso che, se ci saranno poeti di rilievo, anche in futuro si continuerà a leggere buona poesia.
Per chiudere l’intervista, ci regali qualche tuo verso amato?
Fra i molti versi che amo, scelgo un passo de “I fiumi” di Giuseppe Ungaretti:
L’Isonzo scorrendo
mi levigava
come un suo sasso
Ho tirato su
le mie quattro ossa
e me ne sono andato
come un acrobata
sull’acqua
Mi sono accoccolato
vicino ai miei panni
sudici di guerra
e come un beduino
mi sono chinato a ricevere
il sole
e qualche verso tratto dalla “Ballata delle donne” di Edoardo Sanguineti:
Perché la donna non è cielo, è terra
carne di terra che non vuole guerra:
è questa terra, che io fui seminato,
vita ho vissuto che dentro ho piantato,
qui cerco il caldo che il cuore ci sente,
la lunga notte che divento niente.
Femmina penso, se penso l’umano
la mia compagna, ti prendo per mano.
