INTERVISTA ALL’ AUTORE: “Sarissa – Vaso di Pandora” di Luigi Mirabella

Influenze e Ispirazioni:

Quali sono state le sue principali influenze e ispirazioni nel creare la trama avvincente di “Sarissa – Vaso di Pandora”?

“Sarissa – Vaso di Pandora” è stato, in realtà, il secondo romanzo da me scritto. Ho iniziato la sua stesura mentre stavo finendo di scrivere la mia prima opera, ambientata nel corso della Seconda Guerra Mondiale e avente come protagonisti principali personaggi statunitensi da un lato e tedeschi dall’altro (ometto il titolo per non svelare nulla, visto che sarà di prossima pubblicazione; oltretutto, non sono ancora del tutto convinto dello stesso). Al tempo stesso, seguivo come sempre le notizie che vedevano i nostri militari impegnati in Afghanistan nel corso della missione internazionale ISAF, schierati nelle province occidentali del paese. In breve mi sono accorto di aver voglia di raccontare una storia che riguardasse quel conflitto ma che, al tempo stesso, non vedesse gli americani nella parte degli eroi. Diciamolo francamente…non esistono solo loro. La spinta finale è arrivata quando ho scoperto che le nostre forze speciali erano impegnate in operazioni coperte da forte segreto militare proprio in quelle remote regioni. Per di più, un capitano delle nostre Special Forces è rimasto ucciso nel settembre del 2010, nel corso di una di queste operazioni. Credo sia stato un insieme di tutte queste cose a spingermi nel cimentarmi in questo racconto. Diciamo che sentivo di dover rendere omaggio ai nostri soldati, in qualche modo. Ho vestito la divisa anche io, sebbene come semplice militare di leva. Quei dieci mesi hanno segnato un momento importante della mia vita, oltretutto toccato dalla strage di Nassiriya; ricordo ancora, in maniera vivida, l’angoscia che si diffuse in caserma quando giunsero le prime confuse notizie. Per non parlare della commozione quando tenemmo una cerimonia in commemorazione dei caduti. Il servizio militare mi è rimasto impresso a fuoco sulla pelle. A questo aggiungiamo una passione smisurata per tutto ciò che riguarda la geopolitica e le questioni di carattere militare.

Riguardo alle influenze nel creare la trama, queste non possono che risalire alle mie letture dei romanzi scritti da autori come Tom Clancy, Patrick Robinson, Andy McNab, giusto per citare alcuni mostri sacri di questo genere di racconti.

  • Ricerca e autenticità:
  • Come ha condotto la ricerca per rendere così autentici e dettagliati gli scenari di guerra e le dinamiche militari nel libro?

In molti, da quando è uscito il romanzo, mi hanno chiesto se per caso avessi una conoscenza diretta del luogo. “Sei stato in Afghanistan?” mi sento domandare. La risposta, invariabilmente, è: “purtroppo no!”. E sottolineo il purtroppo perché chi mi conosce è consapevole di quanto avrei voluto avere una conoscenza diretta delle dinamiche e degli ambienti del posto. In questo caso, l’unico modo per ovviare a questo problema è fare quante più ricerche possibili sfruttando internet e leggendo tutto il materiale pubblicato sull’argomento in termini di libri sulla guerra in Afghanistan. Da questo punto di vista c’è sempre stata una bibliografia ricchissima riguardo alle operazioni degli americani, un po’ meno in merito agli italiani (specie al tempo in cui iniziai a scrivere “Sarissa”, anche se la tendenza sta cambiando negli ultimi anni, soprattutto dopo il disastroso ritiro dell’estate del 2021). Fondamentali sono anche le foto dei luoghi nonché l’uso di Google Maps, anche in modalità satellitare: ciò mi ha permesso una notevole precisione nella descrizione dell’orografia, dei paesaggi e di tutti quei dettagli che rendono possibile immergersi nel contesto nella quale la storia si sviluppa.

  • Personaggi:
  • I personaggi del romanzo affrontano dilemmi morali e decisioni difficili; quanto di se stesso e delle persone che conosce ha inserito in questi caratteri?

Penso che per un autore sia impensabile scrivere un romanzo e non riversare qualcosa di sé all’interno dei personaggi che descrive; o almeno in parte di questi. Credo sia implicito nella scrittura stessa voler dare spazio al proprio essere. Quello che ho capito nel corso di questi anni è che bisogna trovare il giusto equilibrio tra quanto di noi riversiamo nei personaggi e quanto, negli stessi, deve essere lasciato all’inventiva. Bisogna sempre ricordarsi che un romanzo di questo tipo non è un’autobiografia. A voler mettere troppo di se stesso si rischia di inficiare il buon risultato dell’opera. Posso dire che c’è qualcosa del sottoscritto, in alcuni dei protagonisti. Ammetto anche di aver sfruttato, in alcuni casi, descrizioni fisiche e comportamentali estrapolate da alcuni amici cari. Trovo questo tipo di approccio divertente e gustoso nel corso della scrittura. Inoltre la vedo come una sorta di omaggio alle persone che mi vogliono bene e che, spesso, mi hanno sostenuto in questa impresa. Ma anche lì, non bisogna esagerare.

  • Conflitti e politica:
  • Qual è il suo punto di vista personale sul conflitto in Afghanistan e come ha cercato di rappresentarlo nel romanzo?

Questa è una domanda scottante. Ma risponderò onestamente. Dopo l’11 settembre sono stato un sostenitore della politica statunitense in merito alla “Guerra al terrore”, come fu definita dall’allora presidente statunitense George W. Bush, iniziata con l’invasione dell’Afghanistan. Ma col tempo, mi sono reso conto che le cose non stavano davvero come ci raccontavano; la mia disillusione è cresciuta di pari passo con i fallimenti e le menzogne propinate all’opinione pubblica (vedi la voce armi chimiche irachene). In merito alla questione afghana, tutto è stato gestito in maniera disastrosa. Potrei stare qui ad elencarvi tutti gli errori che sono stati commessi nel corso di quella guerra ma usciremmo fuori tema. Su tutto, la missione in Afghanistan ha pagato, secondo me, la nostra mania per la programmazione a breve-medio termine, tipica della politica occidentale basata sui mandati dei vari gruppi politici al potere; si pensa sempre in termini di ciò che si può fare nel mandato ottenuto e ogni volta con un’agenda politica diversa. I talebani sapevano che non saremmo rimasti in eterno (sebbene siano passati vent’anni dall’inizio della guerra); sapevano che non avremmo sopportato troppo a lungo un costante stillicidio in termini economici e di vite umane. Ricordo un motto, attribuito ai talebani, che si è rivelato profetico: “voi avete gli orologi, noi abbiamo il tempo”. Questo hanno dovuto fare: aspettare. Nel contempo sottoporre occidentali e governo afghano a una costante pressione. Quest’ultimo è caduto in pochissimo tempo, senza riuscire a sopravvivere al nostro ritiro. Ma questo fallimento colossale sminuisce forse l’operato dei soldati che hanno buttato sangue, sudore e fatica sulle sabbie e tra le montagne di quello sfortunato paese? Non credo.

Quando ho iniziato a scrivere “Sarissa” eravamo ancora lontani dagli eventi del 2021 e pochissimi potevano immaginare come sarebbe andata a finire. All’epoca, eravamo convinti che avremmo potuto davvero dare un importate contributo e dare una mano a quella sfortunata gente; ne sono convinto anche oggi. I nostri ragazzi hanno davvero contribuito, nel periodo in cui siamo rimasti in Afghanistan, a migliorare la vita delle persone nelle regioni sotto il nostro comando. E lo hanno fatto a carissimo prezzo.

Quello che ho voluto rappresentare in “Sarissa” è uno spaccato di quella guerra, sebbene in forma romanzata, cercando di abbracciarla sotto tutti i punti di vista: quello degli italiani, degli americani, dei talebani e degli afghani in generale, oltre ai vari giochi politici che girano intorno a quel paese (in Afghanistan è in corso un “Grande Gioco” ormai da secoli, fra varie potenze). Sottolineo la differenza tra talebani a afghani poiché i talebani non rappresentano tutto l’Afghanistan e il suo popolo, essendo quest’ultimo formato da diverse etnie, con i pashtun l’etnia di maggioranza.

  • Intrighi e Misteri:
  • La trama è ricca di intrighi e segreti: come ha mantenuto un equilibrio tra mantenere il mistero e fornire ai lettori abbastanza informazioni per seguire la storia?

In questo credo si veda tutta l’influenza dei racconti di Clancy e Robinson. Si tratta di fornire piccoli e gustosi bocconi affinché il lettore apprenda qualcosa, man mano che procede con la sua lettura, senza mai riuscire a farsi un quadro d’insieme, se non nelle battute finali del racconto. Clancy, in questo, è davvero un maestro. Non puoi essere troppo misterioso per un periodo eccessivamente lungo di pagine, altrimenti rischi di annoiare il lettore. Nello scrivere ho fatto molto riferimento al lettore che è in me; “se fossi tu a leggere il romanzo, cosa vorresti sapere a questo punto?”. “E questo particolare lo mettiamo adesso o lo spostiamo più avanti?”. Sono domande che mi faccio spesso nel corso della scrittura. Non è stato facile; uno dei motivi per i quali ho impiegato circa 10 anni per arrivare a questa stesura del racconto è proprio questo.

  • Temi Centrali:
  • Oltre all’adrenalina dell’azione del mistero, quali temi centrali ha voluto esplorare e che messaggi spera che i lettori ricevano?

Un romanzo come “Sarissa” si presta allo sviluppo di varie tematiche: l’orrore della guerra, sia negli occhi dei militari che dei civili. Spesso pensiamo che i soldati mandati in guerra siano solo delle macchine omicide ma non è così. Il vero soldato (e sia chiaro il concetto di vero soldato) è il primo a temere e odiare la guerra fra tutti coloro che la subiscono, perché ben conscio di ciò che comporta per se e per gli altri. Vi è poi il tema delle armi chimiche, di cui tanto abbiamo sentito parlare ai tempi dell’invasione in Iraq (rivelatesi poi una palese bugia da parte dell’amministrazione americana allo scopo di giustificare, in aggiunta ad altre menzogne, la guerra contro quel paese mediorientale). Le armi chimiche vengono considerate l’arma atomica delle nazioni povere e ne abbiamo avuto un triste assaggio dei loro effetti, in anni recenti, durante la guerra in Siria. I paesi occidentali sono spaventosamente impreparati ad affrontare una minaccia del genere; è quasi un miracolo che non si sia verificato nulla di simile a quanto avvenuto a Tokyo nel marzo del 1995 con il gas Sarin. C’è poi il rapporto con le nazioni alleate; questi, andando oltre le dichiarazioni ufficiali, non sono sempre stati idilliaci. Per non parlare dei rapporti tra militari e politici. Ma più di ogni altra cosa, quando ho iniziato a scrivere “Sarissa” volevo parlare dei nostri ragazzi. E’ stata questa la motivazione principale che mi ha spinto a scrivere questo racconto. Rendere omaggio all’operato dei nostri soldati. In questo è risaputo che i militari italiani hanno sempre avuto un qualcosa in più rispetto a quelli degli altri contingenti. Il soldato italiano sa fare benissimo il suo mestiere e non ha nulla da invidiare ai militari di eserciti considerati più blasonati. Ma a differenza di questi ultimi, il soldato italiano mette un’umanità e una sensibilità, nel suo lavoro, che è difficile trovare altrove.

  • Sviluppo del Personaggio:
  • Può condividere con noi qualche insight sullo sviluppo dei personaggi principali e su come hanno evoluto durante il processo di scrittura?

Quella dello sviluppo dei personaggi è stata, a mio avviso, la sfida più grande da me affrontata, nel corso della stesura di questo romanzo (così come degli altri racconti che ho già scritto). Non si tratta solo di dare forma alle caratteristiche fisiche e comportamentali dei personaggi, quanto il miscelarli in un modo tale da renderli figure credibili e nelle quali i lettori possono immedesimarsi. Anche l’approccio alla scoperta dei personaggi può variare da autore ad autore. Personalmente, preferisco sempre dare una descrizione iniziale per dare l’idea al lettore di chi si trova davanti, una sorta di infarinata per idealizzare il personaggio, per poi scoprire ulteriori caratteristiche dello stesso nel corso della storia. Da lettore, non ho mai apprezzato la scoperta immediata di un personaggio, quando l’autore impiega pagine per dirti subito che tizio ha determinate caratteristiche fisiche, si veste in tal maniera e si comporta in un certo modo. Devo ammettere che difficilmente ho in mente lo sviluppo che i miei personaggi avranno nel corso della storia; questo perché dipende molto da come si evolverà questa. È una sorta di crescita parallela tra me, inteso come autore, e i personaggi di cui sto scrivendo le storie. Ed è una cosa affascinante, a mio avviso, poiché è una costante scoperta anche per me. In una tale situazione, Massei come si comporterebbe? E Terracini, farebbe questo o quello? Che dire di Shirzai o Sharif. Quanto del loro background può influenzare le loro capacità decisionali in un determinato contesto. È una vera crescita in parallelo. Ovviamente, questa crescita passa anche da una costante revisione dello scritto; nel senso che, spesso, mi sono ritrovato a far compiere azioni e prendere decisioni che mal si adattavano alle caratteristiche del personaggio. Per carità, ci può anche stare. Ma deve essere una goccia di incoerenza nel mare di coerenza dettato da certi parametri scelti per quella determinata figura. Altrimenti si rischia di confondere i lettori.  

  • Scene e Ambientazioni:
  • Le varie ambientazioni, dall’Italia all’Afghanistan, sono descritte con grande dettaglio: quali sono state le sfide nel rappresentare con accuratezza culture e luoghi così diversi?

Dietro l’accuratezza c’è un grande lavoro di documentazione. Come ho detto in precedenza, mi sarebbe piaciuto poter fare un tour dell’Afghanistan, aggregato a una delle nostre unità sul campo, prendendo informazioni in prima persona. Ma è sempre stata una mera utopia. Come aggirare l’ostacolo? Informandosi. Leggendo quanto più possibile in libri, pubblicazioni e fonti open source su internet. Ho cercato di accumulare quante più informazioni sull’Afghanistan ma non solo. Nel racconto tocchiamo i Balcani, l’Italia, il Caucaso, tanto per citare alcuni luoghi. In questo, internet è un aiuto più che prezioso, sia a livello di informazioni scritte che di fotografie. Queste ultime sono importantissime perché ti danno una percezione visiva dei luoghi che vuoi descrivere. Altra fonte preziosa di informazioni sono stati i documentari sull’Afghanistan, per non parlare dei filmati reali sulle operazioni militari nel paese. Youtube è ricchissimo di questi filmati, ripresi da videocamere, action Cam e GoPro varie. Filmati a tratti impressionanti, ma che ben documentano la realtà della guerra. Alcuni di questi riguardano anche le operazioni dei nostri militari. Come potete vedere, non mancano le fonti di informazione dalle quali attingere.

  • Sequenze d’Azione:
  • Le sequenze d’azione sono intense e coinvolgenti; quali tecniche ha utilizzato per creare scene tanto vivide e pulsanti?

Uno dei miei segreti, nel ricreare le scene d’azione, sta nell’immedesimazione. Letteralmente chiudo gli occhi e cerco di immergermi nel contesto nella quale una determinata sequenza si sta svolgendo. Forse uno dei motivi per i quali mi son spesso sentito dire che i miei racconti si prestano molto per una sceneggiatura da film è proprio questo. In quel frangente, sono io il soggetto al centro dell’azione; in quei momenti, mi sembra quasi di percepire suoni, odori e tutte le sensazioni che circonderebbero una persona in quel determinato momento. Una vita a guardare film di guerra e d’azione aiuta anche parecchio in questo. Per non parlare del mio passato come praticante del Soft Air. Sembrerà assurdo, ma alcune delle situazioni descritte prendono spunto proprio dalle partite a Soft Air da me giocata ormai parecchi anni fa. A questo aggiungo una fervida immaginazione che mi permette di focalizzare, oltre che il punto di vista del personaggio immerso nell’azione, anche tutto il contorno, indispensabile per descrivere una scena a 360°, specie quando mi ritrovo a descrivere un’azione corale. In questo, anche i dettagli sono fondamentali. Gli scarponi dei soldati faranno per forza di cose un suono diverso se calpestano la sabbia, l’asfalto, il brecciolino o un pavimento fatto di lamiere di metallo. Un proiettile che colpisce la lamiera non fa lo stesso suono di uno che centra un tronco di legno. E così via. Tutto questo mix contribuisce a rendere così intense le scene d’azione.

Futuro e Sequel:

C’è nel futuro la possibilità di un sequel di “Sarissa – Vaso di Pandora”, o altri libri che esplorano tematiche simili?

La risposta è sì. Ad oggi ho scritto tre romanzi, “Sarissa” compreso. Gli altri due fanno parte di un filone diverso che verrà completato da un terzo racconto per formare un trilogia e sulla quale ancora devo iniziare a lavorare. Non voglio anticiparvi nulla perché è una roba davvero grossa. Ho voluto fare questa piccola anticipazione perché, in realtà, il primo volume di quella trilogia era nato, inizialmente, come un romanzo stand alone. Solo nel corso degli anni mi sono reso conto che c’era la possibilità di sviluppare ulteriori storie per renderlo una trilogia. “Sarissa”, viceversa, nasce come primo capitolo di una serie di romanzi, aventi come protagonisti principali militari ed elementi dei servizi segreti del nostro paese, impegnati ad affrontare situazioni che, di norma, sono spesso associate all’operato di nazioni, diciamo così, più blasonate in questi contesti (Stati Uniti, Inghilterra, Francia, tanto per citare le principali in campo internazionale). Tuttavia, ritengo che ci sia del materiale per poter raccontare delle ottime storie riguardanti i nostri ragazzi. Nel corso dell’ultimo ventennio, l’Italia è stata impegnata in operazioni sul campo in Afghanistan, Iraq, Libia, Libano, giusto per fare alcuni esempi. La guerra all’ISIS offre spunti molto interessanti per sviluppare ulteriori storie. Ma non dimentichiamoci degli impegni pluridecennali nei Balcani (già sfiorati in “Sarissa”) e in varie regioni africane. Non bisogna poi trascurare eventuali minacce interne. Trattandosi poi di operazioni delle Forze Speciali e dei servizi segreti, c’è tanto da poter sfruttare anche a livello di immaginazione. In fin dei conti si tratta di romanzi, anche se tendo a dare un’impronta storica reale di un certo peso. Ho in mente diverse storie da sviluppare, partendo proprio da “Sarissa”; queste abbracceranno un arco di tempo che dal 2009 dovrebbe portarci fino ai nostri giorni. Tempo permettendo, credo che ne vedremo delle belle insieme a Massei, Terracini, Di Caro e tutti gli altri.

Come tutto è cominciato.

Penso sia doverosa un’ultima domanda, per concludere in bellezza l’intervista. Perché ha cominciato a scrivere e cosa significa per lei essere uno scrittore?

Sono da sempre un lettore, sin da che ho memoria (anche se da piccolino mi limitavo più che altro a sfogliare i libri sui dinosauri che mi venivano regalati). Andando avanti negli anni ho sempre più manifestato, dentro di me, la voglia di cimentarmi nella scrittura. Inizialmente piccoli scritti a sfondo scientifico (sono da sempre un appassionato di paleontologia e dinosauri). Tuttavia, il desiderio forte e concreto di mettermi alla prova in un racconto di un certo peso ho iniziato ad avvertirlo intorno al 2009, quando iniziai a raccogliere informazioni e a buttar giù qualche idea per una storia ambientata durante la Seconda Guerra Mondiale (non starò a raccontarvi tutta la genesi perché rischio di dilungarmi troppo e anche perché non voglio anticipare nulla). La scrittura di questo romanzo è iniziata sul serio nel 2010. Nel 2011, prossimo a finire il primo libro, iniziai a scrivere anche “Sarissa” (giusto qualche idea; la vera stesura della prima bozza risale al 2012) volendomi impegnare in un contesto profondamente diverso da quello della Seconda Guerra Mondiale verso la quale, devo dire, mi son sempre sentito più a mio agio. Ma la vidi come una sfida e come tale mi decisi ad affrontarla. “Sarissa” è passato attraverso una serie di revisione che ne hanno di volta in volta raffinato il contenuto, prima di poterlo considerare pronto per la pubblicazione (forse è più giusto dire prima di mettere la parola fine alle sue revisioni e decidere che era ora di provare a farlo pubblicare). Nel 2014 ho iniziato a raccogliere informazioni per un terzo racconto, finendo la sua stesura nel 2022, vero anno di svolta. A gennaio del 2023 avevo per le mani tre opere complete. Era giunto il momento di fare il passo successivo: trovare un editore che le pubblicasse e riuscire a condividere il mio lavoro.

Credo che fondamentalmente sia stato questo a spingermi nel mio percorso di scrittura; il bisogno di raccontare le storie che si materializzano nella mia mente e la sfida nel metterle nero su bianco, con tutto ciò che ne comporta. Non basta semplicemente scrivere di getto, sebbene anche questa sia una componente importante del processo di scrittura. Ogni bozza scritta di getto deve essere, tuttavia letta e riletta, modificata una, due, tre o più volte perché spesso, quello che pensiamo essere un capolavoro appena scritto, manifesta già alla prima rilettura una quantità di difetti (credetemi, è facile cascare nell’autocompiacimento, quando si scrive, perdendo la capacità di autocritica). Inoltre, c’è anche tutto un lavoro di studio e di costante ricerca di informazioni per la stesura di ogni singolo capitolo.

Per me, essere scrittore significa condividere gli avvenimenti, i personaggi e i dialoghi che si sviluppano nella mia mente ogni volta che decido di scrivere una storia; e naturalmente tutto il lavoro che c’è dietro questo processo di sviluppo. Cerco di fare questo anche ponendo i miei racconti in un contesto storico ben strutturato e reale; questo non solo aiuta a dare maggiore veridicità alla storia, ma fa calare anche il lettore in quello stesso contesto storico, sia esso la guerra in Afghanistan, la Seconda Guerra Mondiale, o altro ancora. Sono eventi reali; contesti vissuti nel nostro recente passato e dei quali portiamo ancora i segni a distanza di decenni. Questo, anche se in forma romanzata, mi permette di far riflettere i lettori sulla drammaticità della guerra; il fare la guerra è, quasi sempre, una decisione politica, presa da politici, più o meno col sostegno dei militari. Ma le guerre vengono combattute da persone comuni. Gente come noi, insomma (cosa più vera in passato che non in tempi recenti); quelli che Stephen Ambrose ha chiamato “Cittadini in uniforme” in un suo famoso e bellissimo saggio. E sono proprio le persone comuni, militari o civili, a soffrire in ogni guerra. Difficilmente sono i politici o chiunque si faccia promotore dello scatenare un conflitto. Forse è per questo che l’umanità è mentalmente incapace di andare oltre il concetto di regolazione delle dispute tramite conflitto (vedi Ucraina e la questione Striscia di Gaza).

Volete poi mettere il fascino della ricerca storica? Davvero non saprei scrivere un racconto senza approfondire il suo contesto storico e per quanto possano sembrare assurdi, in certi frangenti, alcuni argomenti da me trattati, vi assicuro che vi troverete sempre un fondo di verità.

Le mie storie potranno piacere oppure no; saranno il tempo e il favore/sfavore dei lettori a decretarne il successo o il fallimento. Di certo, non perderò mai il gusto e la gioia per la scrittura.

L’ Autore

Nato a Siracusa nel 1981 e laureato in Tecnologie per la Conservazione e il Restauro dei Beni Culturali. Da sempre appassionato di storia e di argomenti militari, è anche un accanito lettore sin da giovane età; negli ultimi anni ha intrapreso la via della scrittura come hobby, per dare vita ad alcune idee che da tempo affollavano la sua mente, trasformando queste idee in romanzi.

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