
- Come è nata l’idea di scrivere un romanzo dedicato a questa particolare fase della vita di Sant’Agostino?
- Il fascino e l’amore per il personaggio di Sant’Agostino nascono in me sui banchi di scuola, quando studiavo al Liceo Classico. Dalla meraviglia di scoprire che, prima di tutto, era stato un ragazzo come lo ero io, con le sue aspirazioni, i suoi entusiasmi, gli amori, gli amici e le speranze per il futuro. Fu così che mi venne il desiderio di approfondire il suo percorso di vita, per scoprire quali furono le spinte che guidarono la sua evoluzione interiore e lo portarono a dare una svolta radicale a tutta la sua esistenza. Al di là di tutto quello che successivamente è stato e che ha rappresentato per la cultura del mondo occidentale, è questo aspetto che mi colpisce e mi intriga di più: il suo lato umano, in cui tutti, in fondo, ci possiamo riconoscere. Non per nulla ho intitolato il mio libro solo con il suo nome “Aurelio Agostino”, e non “Sant’Agostino”, o “Agostino d’Ippona”. Non voglio confrontami tanto con il filosofo, il Padre della Chiesa o il santo, ma piuttosto con l’uomo.
- Nel rappresentare un periodo meno conosciuto della vita di Sant’Agostino, quali sono state le tue fonti principali di ricerca e ispirazione?
- Ovviamente, tutto è nato dalla mia lettura delle “Confessioni”, che ancora oggi, dopo tanti secoli, è uno dei libri più letti al mondo. Poi ho letto altre sue opere, come “La città di Dio”, il “Contra Academicos”, “De beata vita”, “Soliloquia”, “De immortalitate animae”, le “Ritractationes”, i suoi scritti contro il Manicheismo e altri movimenti di pensiero considerati eretici… la sua produzione letteraria è veramente immensa. Mi sono basato anche su quanto riportato da Possidio, che è stato storicamente il suo primo biografo ufficiale. Infine, mi sono documentato con la lettura di diversi saggi filosofici e storici che lo riguardano, e di cui ce n’è in letteratura una enorme profusione. Basti pensare che Sant’Agostino è un personaggio tanto popolare, che anche la diffusissima rivista “Storica” del National Geographic in italiano ne ha pubblicato recentemente una monografia.
- Il viaggio interiore di Agostino è potente e profondo. C’è un aspetto della sua evoluzione spirituale che ti ha particolarmente colpito o ispirato durante la stesura del libro?
- Gli aspetti che trovo più affascinanti sono il suo modo di confrontarsi con l’Infinito e con il tempo. Il primo, lo porta necessariamente a scoprire la sua relatività umana, ma gli accende anche la passione per la ricerca della scintilla divina, e quindi della dimensione infinita, che è insita, seppure nascosta, nell’animo umano. Il secondo, che sembrerebbe un limite e un pesante condizionamento dell’esistenza umana, viene elegantemente superato da Agostino con la sua logica, che gli consente di dimostrare quanto il tempo sia in realtà relativo, precorrendo con questo, in modo sorprendente, il pensiero moderno in un modo tale che ancora oggi affascina sia i filosofi che gli scienziati.
- L’incontro con Ambrosius è uno dei momenti chiave nel romanzo. Puoi condividere con noi come hai interpretato e costruito questo rapporto cruciale nella vita di Agostino?
- Sant’Ambrogio è un personaggio potente, estremamente carismatico, spirituale e pragmatico al tempo stesso e, in questo suo aspetto, incredibilmente moderno per l’epoca in cui vive. Dall’ammirazione con cui Agostino stesso ne parla nei suoi scritti si capisce che deve avere avuto una forte influenza sul suo pensiero. Ho cercato, quindi, di dare risalto a questo incontro elevando Ambrosius, da un certo punto della vicenda in poi, ad un ruolo quasi di co-protagonista.
- Come hai gestito l’equilibrio tra la fedeltà storica e la libertà narrativa mentre scrivevi?
- Quello che mi piace di più del romanzo storico è proprio questo sforzo di ricostruire fatti e vicende partendo da quel poco o tanto che è arrivato fino a noi. Si inizia dai dati certi per ricostruirvi attorno tutta la “scenografia” che ci consenta di immergerci nel passato, come in un film, in modo da poter seguire gli avvenimenti almeno con gli occhi della fantasia, in un continuum che spesso lo studio storiografico puro e semplice non è in grado di rendere. In questo lavoro di “ricostruzione” lo scrittore mette in gioco tutte le sue conoscenze e la sua fantasia per ravvivare i dettagli di un quadro che, spesso, è solo abbozzato. Credo che possa diventare un “gioco” intrigante per il lettore quello di scoprire quanto, nella narrazione, è un dato storiografico e quanto invece è una integrazione operata dall’Autore. In questo senso, penso che il mio lavoro possa avere anche un ruolo didattico, è una lettura che consiglierei agli studenti dei licei umanistici.
- Cosa sperate che i lettori portino con sé dopo aver letto “AURELIO AGOSTINO”?
- Soprattutto la coscienza del grande valore della vita umana, sia di per sé come valore assoluto, sia come grande occasione di conoscenza e progresso spirituale.
- Il romanzo tocca temi universali come la ricerca di identità, il significato e lo scopo. C’è un messaggio o una lezione che desideri che i lettori assimilino attraverso il viaggio di Agostino?
- Sicuramente, che la vita non si esaurisce nella sua materialità, e che noi non siamo solo corpo, ma anche mente e anima. Pertanto, anche se è giusto occuparci delle cose che ci assicurano una serena esistenza materiale, è altrettanto importante dedicare del tempo per nutrire anche la nostra parte spirituale che, poi, è quella che dà veramente un senso alla nostra esistenza.
- Come hai trovato l’esperienza di immergerti nell’antico mondo di Agostino e di portare in vita le città di Tagaste, Cartagine e Mediolanum?
- Questa per me è stata forse la parte più entusiasmante e divertente, per la mia grande passione per l’Archeologia e la Storia che ho sempre coltivato fin da ragazzino. Questa passione è stata il vero leitmotiv di tutta la mia vita, figuratevi che addirittura mia moglie è un archeologo. Ci siamo conosciuti da studenti, ad un campo scuola universitario dedicato ad uno scavo presso Roma.
- Ci sono state particolari sfide o rivelazioni nel cercare di dare voce e profondità ad un personaggio storico così influente come Sant’Agostino?
- Certamente, confrontarmi con un gigante come Agostino ha richiesto da parte mia una buona dose di coraggio. Tuttavia, come ripeto, la mia intenzione non era tanto quella di confrontarmi con il suo pensiero, cosa per cui ci vorrebbe lo studio specialistico di una vita, quanto con la sua vicenda umana. E questo mi ha consentito di sentirmelo più vicino, di riconoscermi in alcuni suoi aspetti e di renderlo più familiare anche ai lettori. Spero, con questo, di suscitare la voglia, in chi leggerà il mio romanzo, di approfondire la sua conoscenza.
- Dopo aver completato questo libro, c’è qualcosa che hai appreso su Sant’Agostino che desideri condividere, qualcosa che magari non è nel libro ma che ti ha influenzato o ispirato durante la tua ricerca?
- Il mio incontro con Agostino nasce dal desiderio di intraprendere un cammino di ricerca spirituale, che è iniziato spontaneamente da questo personaggio perché faceva già parte del mio retaggio culturale, ma si è esteso poi, nel tempo, allo studio anche di culture diverse dalla nostra occidentale, facendomi scoprire orizzonti inimmaginabili del pensiero e della conoscenza. Da questa esperienza nasce in me una riflessione, che spero di trasmettere ai lettori. Agostino era africano, nato nell’attuale Souk Ahras (Tagaste) in Algeria, e viene in Italia in cerca di una affermazione professionale e una vita migliore. Il confronto di culture e mondi diversi non fu facile, addirittura conflittuale, allora come oggi, ma dal confronto è nato un enorme arricchimento per tutti, a conferma dell’universalità del valore umano e dell’immenso patrimonio della diversità culturale e di pensiero che diventa ricchezza, quando si confronta e convive civilmente. La paura, l’incomprensione e, di conseguenza, il conflitto scaturiscono da ciò che non si conosce. Come Autore sarei contento se la storia di vita di Agostino fosse da sprone per le nuove generazioni ad aprirsi allo studio e al confronto con culture diverse, preparando così un terreno fertile per coltivare la pace, la fratellanza e la solidarietà umana, valori da sempre inestimabili oggi proprio come allora.
L’ AUTORE
Marco Claudio Mezzetti, appassionato fin da ragazzo sia delle discipline umanistiche che di quelle scientifiche, dopo gli studi classici si è laureato in Scienze biologiche a Pisa. Successivamente, ha conseguito il dottorato di ricerca in Etologia sotto la direzione del Prof. Danilo Mainardi. Autore di diversi articoli specialistici sia in italiano che in inglese per riviste scientifiche nazionali e internazionali, si è occupato a lungo di saggistica e divulgazione scientifica. In campo narrativo, ha esordito nel genere storico-biografico con il libro “Carlo Piaggia, l’Africa nel Cuore” per i tipi di Mauro Baroni Editore (Viareggio, 2005), e ha curato il romanzo “Top secret, diario di un ragazzo sulla Linea Gotica” per Fratini Editore (Firenze, 2015). Un terzo libro a sua cura “1915 – Soldato di Sanità” è in corso di pubblicazione. I suoi racconti brevi sono stati pubblicati in diverse antologie.

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