
- Cosa l’ha ispirata a scegliere il Bosco Verticale come ambientazione principale per il suo thriller “Il sogno di ognuno di noi”?
Ho scelto il Bosco Verticale come ambientazione principale per il mio thriller “Il sogno di ognuno di noi” perché quando lavoravo a Milano e scendevo alla stazione ferroviaria di Porta Garibaldi ogni volta me lo trovavo davanti con la sua maestosa bellezza, lo osservavo, guardavo i suoi terrazzi pieni di piante che nella calura estiva sembravano delle piccole oasi sospese nel vuoto e mi è venuta in mente la storia dei suoi abitanti, che ovviamente è frutto della mia immaginazione in quanto non sono mai entrata all’interno dello stesso.
- Il blackout è un evento che costringe i personaggi a confrontarsi con la loro dipendenza dalla tecnologia. Questo tema era intenzionale fin dall’inizio della stesura del romanzo?
Il tema della dipendenza odierna dalla tecnologia era intenzionale sin dall’inizio della stesura del romanzo ma la dipendenza che principalmente volevo evidenziare era quella del lusso e del benessere, dei vizi, del potere e delle agiatezze, delle cose anche inutili e superflue, alle quali non riescono a rinunciare e che ostentano gli abitanti del “Bosco”.
- Come ha caratterizzato il Commissario Martinelli per renderlo diverso dagli stereotipi dei detective che abbondano nella letteratura di genere?
Il Commissario Martinelli è diverso dai soliti stereotipi dei detective in quanto prima di tutto è un uomo come tanti, con la sua vita e i suoi problemi familiari e lavorativi, i sogni, le aspettative e i desideri.
- Quale ruolo gioca la città di Milano, con il suo mix di tradizione e modernità, nel tessuto narrativo del suo libro?
La città di Milano nel tessuto narrativo del mio libro gioca un ruolo importante dal punto di vista lavorativo e sociale: il Bosco Verticale, nel quale è ubicato lo studio del Commissario Martinelli, infatti si trova in uno dei quartieri più prestigiosi ed esclusivi di Milano.
- Potrebbe condividere con noi il processo creativo dietro la costruzione del mistero centrale e come ha mantenuto la tensione crescente attraverso la storia?
Il processo creativo dietro il mistero centrale nasce appunto da un disagio, quello del blackout, che mette tutti in condizioni di non poter portare a termine le proprie attività (di qualsiasi tipo esse siano). Tutti gli inquilini si trovano bloccati a causa della mancanza della corrente elettrica, il Commissario in primis ha perso misteriosamente anche la sua segretaria e da questa situazione la tensione inizia a crescere in quanto il lettore si chiede cosa le sia successo e quale ne sia il motivo, poi piano piano l’intero condominio si muove, insieme ai lettori, verso l’analisi degli indizi e delle indagini che porteranno gradualmente a capire l’accaduto.
- In che modo ha cercato di bilanciare la narrazione tra il genere poliziesco e una più profonda esplorazione dei temi sociali contemporanei?
Ho cercato di bilanciare la narrazione tra il genere poliziesco e una più profonda esplorazione dei temi sociali contemporanei restando semplicemente a guardare quello che ci succede intorno, come ci si mette all’opera nelle varie situazioni e quali vorremmo che fossero le soluzioni.
- La sparizione della segretaria Teresa è uno degli elementi trainanti del romanzo. Come si è assicurata che questo filone della storia non fosse eclissato dallo scenario più ampio del blackout?
Ho cercato di non fare eclissare la sparizione della segretaria Teresa, dallo scenario più ampio del blackout, semplicemente facendo in modo che il commissario si domandasse spesso quale fosse stato il motivo della sua sparizione, pensasse a lei evocandola e in un certo senso andando sempre alla sua ricerca.
- Può parlare dell’importanza dei simboli nel suo libro, come il Bosco Verticale stesso e il blackout come metafora?
Il simbolo del Bosco Verticale ha un’importanza in quanto rappresenta un vero e proprio status symbol sociale e chi ci abita fa parte di una fascia ristretta di persone. Il blackout come metafora evidenzia tutti gli strumenti tecnologici e non di cui ci avvaliamo e che ormai fanno parte della nostra quotidianità senza dei quali non riusciremmo più a sopravvivere.
- Quali sono state le sue influenze letterarie nel creare un thriller così intenso e ricco di sfumature?
Le mie influenze letterarie spaziano molto, non c’è un autore o un titolo ben preciso che io possa citare e al quale mi ispiro, io amo leggere tantissimo e apprezzo qualsiasi testo perché ogni libro mi arricchisce e mi offre nuovi spunti di riflessione, come avviene anche per le trame dei film; nello scrivere cerco sempre di incuriosire i miei lettori e soprattutto di tenere viva la loro attenzione dalla prima pagina all’ultima.
- Senza svelare troppo, può darci un assaggio di come ha affrontato il processo di “chiusura” del romanzo, assicurandosi che tutte le domande poste venissero risolte in modo soddisfacente?
Il processo di chiusura è stato davvero emozionante perché man mano che cercavo di risolvere in modo soddisfacente tutte le domande poste mi sembrava di essermi incarnata ormai nei miei stessi personaggi, pensando a cosa avrebbero voluto fare loro a quel punto e a cosa invece avrebbero pensato i lettori, così ho trovato una giusta conclusione che lascia spazio anche alla fantasia di chi legge facendolo sognare. Perché il sogno è sempre di ognuno di noi.

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